Muro Roma. La svolta in tre mesi

Corriere dello Sport (R.Maida) – Sembrava uno scolapasta, è diventata una pentola d’acciaio. Resiste sempre, resiste a tutto. La difesa della Roma ha imparato a chiudersi a ogni tentativo di effrazione. Ma soprattutto, in questo inizio di 2017 fatto di quattro partite immacolate, ha trasmesso la sensazione più salutare possibile: non concede. Non c’è stata, almeno nei tempi recenti, una partita nella quale le squadre avversarie, che si chiamassero Genoa o Udinese, Sampdoria o Cagliari, dessero l’idea di poter ribaltare una sentenza già scritta. La Roma vince senza brillare ma anche senza soffrire.

I PRECEDENTI – Non è poco, storicamente, per chi mira allo scudetto. Negli ultimi 14 campionati, è arrivato primo 13 volte il gruppo che prendeva meno gol. Pazienza se non produceva raffiche di mitra: le ultime tre giornate della Roma dimostrano che le vittorie per 1-0 portano tre punti come le altre. Basta, almeno in Italia, organizzare un sistema di gioco che eviti di aprire falle e il più è fatto. Nella Roma, almeno in epoca di proprietà americana, non è successo spesso. Ma negli ultimi mesi di gestione Spalletti il messaggio filosofico è stato recepito dalla squadra. Che non infilava una serie di quattro lenzuoli puliti (clean sheets, traduzione letterale dell’inglese Hart in un comico tweet di inizio stagione) da esattamente tre anni, sempre nel periodo post-natalizio, quando superò una dietro l’altra Sampdoria, Genoa, Livorno e Juventus.

SVILUPPO – Adesso però va anche meglio perché la serie è più lunga. Tra campionato e coppe, la Roma ha incassato soltanto 2 reti nelle ultime 9 partite, dal fenomenale Higuain e da De Guzman del Chievo. E soprattutto, se consideriamo il rendimento comparato delle varie squadre a partire dalla nona giornata, Szczesny è il portiere meno battuto in assoluto con 8 palloni raccolti in 13 partite e addirittura 7 eventi conclusi senza incassare gol. Nemmeno la Juventus, indicata sempre come l’esempio di stabilità, ha tenuto il passo. Solo l’Empoli, nell’ultima specialità, ha ottenuto un risultato più gratificante (8 partite inviolate), ma i piani e le ambizioni dei due club sono molto diversi: la Roma nello stesso intervallo di tempo ha vinto 10 partite segnando 23 gol mentre l’Empoli ha vinto 4 volte con 9 gol all’attivo e 15 al passivo.

ASSESTAMENTO – La svolta è stata prima di tutto tattica. Da quando Spalletti ha abbandonato la difesa a quattro provando prima i tre e mezzo (a Napoli) e poi convertendosi ai tre e basta, la squadra ha recuperato equilibrio e sicurezza, gli esterni Bruno Peres ed Emerson si sono sentiti più liberi dai compiti meno adatti alle loro caratteristiche, cioè la marcatura dei dirimpettai, Fazio si è trasfigurato nel Comandante, come ora lo chiamano i tifosi, e i compagni di reparto, da Manolas a Rüdiger passando per il bistrattato Juan Jesus, si comportano da validi scudieri.

TUTTI INSIEME – Con malignità si potrebbe sostenere che un aiuto sia arrivato anche da Salah, che si è prima infortunato e poi assentato per servire la patria in Coppa d’Africa. Senza di lui, la Roma ha vinto sei partite su sei senza concedere gol. Ma manca la controprova, che si avrà al ritorno del nostro uomo. E di Florenzi, da sempre considerato l’equilibratore per eccellenza, eppure lontano dalla squadra dalla fine di ottobre causa rottura di un ginocchio. La verità intanto appare più lineare: in questa Roma granitica, tutti sono importanti e nessuno insostituibile. Prendete Manolas, che probabilmente verrà venduto a fine stagione per raggiungere stabilità anche in ambito finanziario: senza il suo contributo, Spalletti ha vinto otto volte su nove, pareggiando solo a Bucarest in Europa League contro l’Astra una partita che non contava niente.

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