Il Romanista – Sabatini: “La Roma è sconvolta”

Di parlare ha sinceramente «poca voglia». E’ stato a Trigoria, ha assistito all’allenamento della squadra, poi è tornato a casa. Si è riposato. Cosa strana per uno come lui, abituato a stare sveglio anche di notte tra partite da vedere e telefoni che squillano. E’ stata una domenica triste per tanti, senza calcio e con tanti pensieri per molti, per lui in particolare. Lui è Walter Sabatini, uomo di sport ancora prima che direttore sportivo della Roma: abituato da anni a condividere le giornate con ragazzi come Morosini, consapevole, suo malgrado, di cosa si prova quando un compagno muore in campo. La mente corre veloce al 30 ottobre 1977, quando il giocatore Walter Sabatini è in tribuna a Pian di Massiano, lo stadio di Perugia, e vede morire il suo compagno Renato Curi contro la Juventus. Erano amici «no, di più, quasi due fratelli», precisa Sabatini.  Nato nel 1953 Curi, due anni dopo il ds della Roma «stavamo molto insieme. Condividevamo tante cose e io lo consideravo come un fratello minore anche se era lui ad avere due anni di più. Parlavamo di tutto…».

E la voce si ferma un attimo. Poi Sabatini ricorda e aggiunge: «Una settimana prima di quella partita mi aveva regalato un “13” d’oro perché diceva che avrei avuto bisogno di fortuna nella mia vita. Io ce l’ho avuta, lui…». Ancora silenzio. Per Sabatini non è facile ricordare: «Quel giorno ero in tribuna per un problema alla caviglia, mi ricordo benissimo la sua caduta, la faccia a terra nel fango e la sensazione di aver capito subito che era successo qualcosa di brutto, di grave. Qualcosa che ci avrebbe segnato per sempre». Curi non riuscì più a muoversi, stroncato da un infarto a 24 anni, Morosini per tre volte ha tentato di rialzarsi. Non ce l’ha fatta, stroncato da un infarto a 25 anni. Fa male solo a scriverlo. Il ds della Roma dice «che la cosa che mi ha colpito di più è stato quel tentativo continuo di rialzarsi, come se ci fosse tutta la sua voglia di restare aggrappato alla vita. Ha colpito me, ma anche tutti i giocatori, che sono sconvolti, gli uomini di sport e le persone comuni. Sono cose che ti pizzicano (testuale, ndr) e che non si dimenticano”». Il fratello di Sabatini, Carlo, gli ha raccontato «qualcosa in più di questo ragazzo. Lo ha allenato a Padova e Udine, sapeva che tipo di storia personale aveva alle spalle. Non voglio essere retorico, ma aveva davvero provato a rialzarsi tante volte, il calcio come unica gioia in una vita che davvero gliele aveva fatte passare tante. Vederlo lì, a terrà, è stato straziante. Straziante. Giusto fermare il campionato? Sì, è stato ingiusto tutto il resto. Indescrivibile». Come 35 anni fa. Impossibile non ricordare. Sabatini chiude la telefonata, non se la sente di aggiungere di altro. Certe cose restano nel cuore. E da lì non si devono muovere.

Il Romanista – Chiara Zucchelli

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