Monchi: “Se tutto va come deve andare e non ci saranno intoppi io andrò alla Roma. Sono malato dei dati”

Monchi, ex d.s. del Siviglia, ha rilasciato un’intervista al quotidiano iberico AS. Il direttore sportivo spagnolo ha parlato del suo futuro e del possibile trasferimento alla Roma. Queste le sue parole:

Andrà a Roma, giusto?
Non è chiuso, ma è il club più vicino. Se tutto va come deve andare e non ci saranno intoppi io andrò alla Roma, ma niente è chiuso fin quando non c’è qualcosa di firmato. Marcelo era su un aereo per Siviglia e poi ha firmato col Madrid. Quindi non voglio dire niente fin quando non è chiuso.

Ha avuto offerte da altri club spagnoli?
Nessun club mi ha chiamato direttamente. Ci sono stati intermediari che hanno espresso grande interesse ma ritengo sia stato solo opportunismo. Ci sono stati grandi club esteri che mi hanno chiamato direttamente. Non lavorerò in Spagna in un altro club che non sia il Siviglia.

Se Roma e Siviglia si interessano allo stesso giocatore?
Tutti dobbiamo rispettare l’altro. Inoltre la mia testa sta andando più lenta dei fatti e a volte penso ancora come ds del Siviglia. Ci muoviamo su diversi parametri. Tutti vediamo gli stessi giocatori ma davvero non vedo conflitti di interesse.

Avete pensato a Emery?
Ci ho parlato ultimamente ma non c’è nulla in merito ad un futuro insieme nel medio o lungo periodo. Spero per lui che continui molti anni col PSG, perché vorrebbe dire che sta facendo bene. E’ stato l’ideale per il Siviglia per tre anni e non siamo stati male.

Ti dà fastidio essere rimproverato perché avevi detto di aver bisogno di riposo e poi lavorerai per un altro club?
Credo che la maggior parte dell’ambiente Siviglia ha capito il messaggio. Avevo bisogno di aria nuovo dopo i 29 anni in cui sono stato a Siviglia. Ho bisogno di continuare a lavorare, ma in un ambiente diverso. Il mio legame con il Siviglia è andato al di là del professionismo. E’ stato il motore del successo, ma anche della fatica. Il disappunto per le sconfitte era quasi equivalente alle vittorie più soddisfacenti. Non sono stato in grado di separare il direttore sportivo dal tifoso.

E questo lo può ottenere in Italia?
Chi mi conosce sa che la mia stanchezza non era più sopportabile. Ho cercato di autoconvincermi a continuare, ma è arrivato un momento in cui non ne potevo più. In futuro questo succederà da qualche altra parte, ma ora ho un lasso di tempo perché comincio da zero. Cercherò anche di non legarmi in maniera viscerale, come ho fatto qui.

Il Siviglia ha superato la morte di un giocatore, l’imprigionamento di un presidente, può superare anche il tuo addio…
Il club ha basi sufficienti per sopperire alla partenza di Monchi. Superato il primo colpo, il club sta continuando a camminare. La cosa di cui mi sento più orgoglioso è il lasciare delle strutture al club, non ci sarebbe maggior successo per me che un lavoro perfetto dopo il mio addio.

Che cosa è più necessario per un direttore atletico? Avere un sacco di soldi o avere ottime intuizioni?
Il denaro ti dà l’agilità, ma non è certo il successo. Il compito di un direttore sportivo è speculare su qualcosa che non è reale in quel momento, devi cercare di capire come quel giocatore renderà in quel preciso ambiente. Un cellulare funziona qui e all’estero lo farà se può andare in roaming. Per un calciatore è lo stesso.

Senza Monchi si cambierà la strategia del ‘vendere per crescere’?
Non vendiamo per crescere, vendiamo per mantenere una struttura salariale ben al di sopra delle entrate del club. Si tratta di un modello a rischio, non è affatto consigliabile, ma il Siviglia lo ha usato perfettamente.

Ora che le statistiche vanno tanto di moda, hai lasciato un database al club? Posso stare tranquilli?
Sono malato dei dati. Riducono i rischi e semplificano tutto. Ora è possibile misurare le prestazioni di un giocatore in maniera continua e su ogni aspetto. Moneyball? Il calcio è meno statistico rispetto ad altri sport, ma i dati ti aiutano nel lavoro e te lo rendono più facile, sicuramente. Il Siviglia ha seguito questa linea negli ultimi tempi, perché abbiamo dato l’incarico di fare così alla mia squadra di lavoro.

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