L’estate violenta del pallone. Scontri, feriti e arresti. Anche la serie A ora ha paura

2010-11 - Italia-Serbia scontri tifosi settore ospiti PR

Il Corriere della Sera (G. De Carolis) – Non è uno gioco per famiglie, almeno non Italia. Anche perché non è un gioco ma un business, guidato da interessi economici, intorbidito dalla politica, brutalizzato dalla violenza ultrà. L’estate del calcio è uguale all’inverno: botte, sangue, feriti, arresti. Il refrain è il classico di un Paese incapace di mettere a reddito l’industria pallonara. Gli scontri ci sono sempre stati, con gli ultrà novelli gladiatori in vetusti colossei, ma la novità della stagione 2015/16 sono le violenze estive. Si è cominciato appena partiti i ritiri. Hanno acceso la miccia i tifosi della Lazio, picchiando ad Auronzo di Cadore un vicentino. La violenza non ha confine e pure in Europa i biancocelesti si sono distinti: 23 arresti prima della gara con l’Anderlecht.

Peggio hanno fatto le tifoserie di Bologna e Spezia. Si sono incrociate a Castelrotto, in Trentino. Il Fan Village attrezzato dai rossoblù per i bambini è diventato arena di scontri sotto gli occhi dei piccoli, con i giocattoli trasformati in armi. Le famiglie scappavano, i bambini piangevano e non perché alla fine i loro trattorini erano tutti insanguinati. «Fatti da condannare» ha detto la società, più netto l’ex capitano Marco di Vaio: «Una figura di m…». Punto, senza a capo però. Non c’è limite o fine.

L’Udinese ha visto chiudersi al 36’ il «friendly match» con il Galatasaray. A Klagenfurt i tifosi turchi hanno oscurato il campo con i fumogeni. Partita sospesa e tutti a casa con la denuncia del club di Istanbul: «Non ne possiamo più degli ultrà in trasferta».

L’elenco è lungo e coinvolge pure gli israeliani del Beitar Gerusalemme in trasferta a Charleroi, i tedeschi dell’Eintracht Francoforte che hanno battagliato con gli hooligan del Leeds United in Austria: 7 feriti e 20 arresti. La follia porta fino a due padovani denunciati sabato per la battaglia con i «guerriglieri» della Spal, a Calalzo in Veneto.

Inutile stupirsi delle randellate tra piccole realtà, spesso sono le più cattive. Gli ultimi dati disponibili (2013/14) del Centro Nazionale di Informazione sulle Manifestazioni Sportive censiscono tra le più violente la Vis Pesaro responsabile del 4% del totale feriti e la Nocerina (3%), capace di appaiare il Milan nella classifica delle mazzate. La Samp ha vinto lo scudetto dei Daspo: gli ultrà ne hanno collezionati 115.

L’estate violenta del calcio è appena a metà, ma già ci sono preoccupazioni per il turno di Europa League che la Samp sarà costretta a giocare il 6 agosto all’Olimpico di Torino contro i serbi del Vojovodina. Le tifoserie granata e blucerchiata sono nemiche da sempre. Il pallone è bucato non solo per via di stadi inadeguati e leggi spesso inutili, fatte e riviste, come la tessera del tifoso. Le gare con feriti crescono (+37%) e gli incidenti sono sempre più lontani dagli impianti. Il quadro del calcio italiano è uno scarabocchio rispetto ai concorrenti.

La Premier League inglese ha un tasso di riempimento degli stadi del 92%, la Bundesliga dell’89%, la serie A è scesa al 52%. A che serve fare tournée in ogni parte del mondo se non si riesce a portare i tifosi dentro la propria casa? Il richiamo ai modelli inglese e tedesco, ai loro stadi moderni e alle leggi inflessibili è continuo. Ma se da primo campionato del mondo la serie A è scivolata al quinto d’Europa è anche per il pubblico ammesso ai match.

In Inghilterra e Germania il calcio è uno spettacolo per famiglie. Gli stadi sono diventati teatri sicuri, però costosi. L’aumento dei prezzi dei biglietti ha fornito la prima pesante scrematura, il divieto di striscioni, bandiere e la limitata possibilità di movimento sugli spalti ha finito per sfrattare i violenti. L’industria italiana del calcio ha 22 milioni di appassionati e 9 milioni di persone ogni domenica lo guardano in tv, ma la sicurezza è vissuta come un fastidio, aggirata da una pioggia di deroghe. Così diventa inutile guardare ai modelli esteri perché resta irrisolvibile un problema: non siamo né inglesi né tedeschi. E stavolta va detto purtroppo.

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