Draw my life, Iturbe: “La chiamata della Roma è un segno del destino. Stare in giallorosso è una partita da vincere, tutti i giorni, con il sacrificio” – VIDEO

iturbe-bambini0

Come di consueto l’ospite dell’iniziativa ‘A scuola di tifo’ si racconta attraverso il Draw my life. Queste le parole di Juan Manuel Iturbe, attaccante della Roma:

Ciao sono Manuel Iturbe e sono nato a Buenos Aires, il 4 giugno del ’93. La mia famiglia è di origine paraguayana, ma si è trasferita in Argentina prima che nascessi. Sono cresciuto nel Barrio Barracas, periferia di Buenos Aires. Ho iniziato a tirare i primi calcio al pallone in strada, con i miei amici d’infanzia. Da piccolo mi piacevano le materie scientifiche, in modo particolare la matematica, l’equazione in fonde era sempre la stessa, se studiavo i miei genitori mi permettevano di giocare a calcio, semplice no? Quando avevo 10 anni papà e mamma hanno deciso di tornare in Paraguay, nel viaggio di ritorno i bagagli erano aumentati, con loro questa stavolta c’eravamo io e le mie sorelleLa mia avventura calcistica ha preso forma nei soborghi di Asunciòn, al Cerro Porteno ho fatto tutta la trafila delle giovanili, fino all’esordio in prima squadra all’età 16 anni. Due anni dopo è arrivata la chiamata del Porto, avevo bruciato tutte le tappe e forse ero ancora troppo giovane per il calcio europeo. Così ho colto al balzo l’opportunità di fare ritorno in Argentina, che considero a tutti gli effetti il mio paese, nel River Plate. A Roma il derby è qualcosa di speciale, ma anche il Superclasico contro il Boca Juniors è un’esperienza che ti rimarrà dentro. Quando sei in campo, senti le tribune che tremano sotto i piedi. Ragazzi, sono brividi, eh! Dopo la parentesi con il River, mi sentivo pronto per un nuovo salto. Nell’estate del 2013 sono approdato al Verona, dove ho vissuto una stagione esaltante, che mi è valsa la richiesta della Roma, un richiamo irresistibile, tanto forte da sembrare una chiamata del destino. Scusate, mi perdonerete se mi prendo una pausa per parlarvi di Oliver, il mio compagno di viaggio. Oliver è un cucciolo di Dogo Argentino che non mi lascia mai solo, che scondinzola quanto torno a casa e che mi dice di non mollare quando le cose non vanno come vorrei. Questo amico ha quattro zampe e tante volte mi fa pensare che chi non ama e non rispetta gli animali, non potrà mai sapere cosa significhi essere amato. Torniamo a noi, è passato quasi un anno dal mio arrivo nella Capitale e posso dire che la Roma rappresenta ancora tante cose insieme. Un punto d’arrivo e una nuova palestra di vita, soprattutto una partita da vincere, tutti i giorni, con il sacrificio. Io credo  e spero che quel ragazzino del Barrio possa farcela. Vi hanno mai parlato della garra? In Argentina questa parola racchiude diversi significati: orgoglio, grinta e spirito di rivalità. Usateli per riscaldare il cuore e affrontare tutti i tornei della vita, senza perdere di vista il rispetto per compagni e avversari che troverete per la strada. La sfida, in fondo, è anche questa, e il mio rispetto parte da qui“.

PER APPROFONDIRE LEGGI ANCHE

I più letti