Il Tempo – La Roma in crisi d’identità

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Finisce tra i fischi: giustamente. La Roma non vince più, l’ultimo successo all’Olimpico risale allo scorso 30 novembre e parlare di scudetto, ora più che mai, fa rabbia e stupore. Dal match casalingo contro il modesto ma ordinato Empoli di Sarri esce l’ennesimo pareggio: quarto consecutivo, sesto nelle ultime otto gare. Stesso preoccupante copione, sempre: la Roma regala un tempo agli avversari, recupera nella ripresa ma non riesce a vincere. Senza gioco, ma soprattutto testa, la squadra di Garcia esce ridimensionata da questo avvio di 2015 a dir poco disastroso che lancia la Juve in fuga (oggi può andare a +9).
Ma vedendo giocare la Roma la domanda è automatica: come fa questa squadra ad essere seconda in classifica con 7 punti (che oggi possono diventare 4) di vantaggio sulla terza? Inspiegabile. Così come non si spiega l’involuzione di questa squadra che aveva mostrato il miglior calcio e che ora fatica a vincere contro compagini da metà classifica. Troppe le domande che Garcia dovrà porsi nei prossimi giorni: dov’è finita la sua Roma bella e cattiva? E Pjanic che fine ha fatto? Eppoi: era davvero necessario vendere Destro, cosi in fretta e furia, senza avere ancora un sostituto?
Che quella contro l’Empoli non sarebbe stata una passeggiata lo si era già intuito dopo l’ottavo di finale di Coppa Italia: lì la Roma era passata ai supplementari contro le riserve messe in campo da Sarri. Ma che potesse essere così dura per la sua squadra forse nemmeno Garcia lo aveva messo in preventivo. Il bilancio della prima frazione di gioco è la spiega di tutto: zero tiri nello specchio della porta per la Roma che non trova mai il modo di aprire le maglie della difesa ospite e soffre sempre in contropiede. Si salva una prima volta in avvio quando Pucciarelli sfugge a Yanga-Mbiwa, non quando Valdifiori lancia Saponara (tenuto in gioco da un Maicon immobile) in porta. Manolas gli rovina addosso e Russo non ha dubbi: rigore e rosso. Maccarone dal dischetto porta avanti l’Empoli. La Roma è in bambola, o meglio è ancora più in bambola di quanto era stata in avvio. La prima frazione di gioco si chiude con un secondo rosso. Protagonista ancora Saponara, già ammonito, che si porta avanti la palla col braccio: anche qui il fiscalissimo Russo non perdona e il secondo tempo si gioca dieci contro dieci.

Si riparte con la Sud che chiede ai suoi di tirar fuori gli attributi, ma avrà scarse risposte. Certo, la Roma gioca meglio nella ripresa (far peggio era difficile davvero), ma non cambia la partita. Ci prova, fa più movimento, sembra in certi momenti aver ritrovato il suo passo, ma non va oltre il pareggio anche stavolta. Il problema è sempre lo stesso: chi la butta dentro. Alla fine ci pensa Maicon, un terzino, con un colpo da geometra che illude i giallorossi e l’Olimpico fin qui attonito. Ma finisce lì, una volta ancora, perché la traversa di Astori non finisce sul tabellino e per il solito ritornello: la fortuna è cieca, la sfiga ci vede benissimo. Ma non può essere un’alibi, per nessuno: perché così non va e la parola scudetto stavolta Garcia abbia il buon gusto di non pronunciarla.
Il problema è che quanto visto ieri all’Olimpico rischia di essere il prologo della seconda parte di stagione giallorossa. I giocatori sono stanchi, non stanno in piedi e soprattutto sembrano aver perso le certezze di un tempo. Gli infortuni si susseguono e anche ieri la Roma ha perso un pezzo pesante: probabile lesione al collaterale per Iturbe che può restar fuori anche un mese. Che non vale come attenuante perché questo pareggio con l’Empoli certifica, qualora ce ne fosse stato ancora bisogno, l’involuzione di una squadra partita con grandi ambizioni e che si ritrova in panne.

Il Tempo – T. Carmellini

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