Sepp, mille volti e un’ossessione: avere il potere

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La Gazzetta dello Sport (L. Bianchin) – Papà Blatter era un profeta. «Non ti guadagnerai mai da vivere con il calcio», disse a Seppino, che negli anni Cinquanta deve essere stato addirittura giovane. Sì, buonasera: Sepp nel 2002 guadagnava più di Bush e Kofi Annan, capi supremi di States e Nazioni Unite, e con gli anni ha provato addirittura a cambiare due o tre regole del nostro giochino. Ha promosso campagne per lo spray da arbitro, le espulsioni a tempo contro i simulatori, la normalizzazione dei gol in trasferta, la demonizzazione del fallo da dietro, la limitazione degli stranieri, il Mondiale ogni due anni. Non gli è riuscito proprio tutto ma insomma, è presidente da 17 anni e questo conta. I nemici hanno detto che Blatter rinuncerebbe a un milione per una carica e il senso è corretto: l’uomo è attratto dal potere più che dagli assegni. Le donne, probabilmente, stanno nel mezzo.

IL REGGICALZE Sepp Blatter da Visp, Svizzera tedesca, da ragazzo faceva l’attaccante. Pare segnasse un sacco di gol ma il dettaglio l’ha aggiunto lui e in questa storia – si è capito – non è sempre chiaro quando l’invenzione dia una spinta alla realtà. Appassionato di romanzi di spionaggio e film noir americani – tante videocassette, quando c’erano – Sepp ha avuto una giovinezza movimentata. Ha raccontato di aver fatto il militare, il cronometrista, il giornalista… e di sicuro è stato sia un responsabile delle pubbliche relazioni alla Longines, gli orologi di Agassi, sia il segretario della federazione svizzera di hockey ghiaccio. Se non si fosse notato, stiamo salendo di livello.

Anni Settanta: delegato della squadra svizzera alle Olimpiadi 1972 e 1976, direttore dei progetti di sviluppo alla Fifa dal 1975. Anni Ottanta: segretario generale del calcio mondiale. Anni Novanta: direttore esecutivo, poi presidentissimo dal 1998, quando costrinse Lennart Johansson a ritirarsi prima della votazione finale. In mezzo, la carica più gloriosa: presidente della «World Society of Friends of Suspenders», 120 cavalieri da 16 nazioni riuniti per lottare contro il pensionamento del reggicalze in nome del collant.

ARAFAT E IL PAPA Sepp invece si è sempre vestito benissimo: inappuntabile. Con la cravatta sobria, è passato attraverso accuse e presunti scandali, Mondiali assegnati tra le polemiche alla Germania – con un delegato decisivo astenuto nel momento decisivo – alla Russia e al Qatar. Anche ieri non è stato indagato e ha parlato da accusatore, non da accusato: «L’azione è stata messa in moto quando abbiamo presentato un fascicolo alle autorità svizzere. Accogliamo con spirito di collaborazione le indagini e crediamo che questo ci aiuterà a rafforzare le misure che la Fifa ha già avviato per sradicare ogni malaffare nel calcio». E ancora, deciso: «Il Comitato Etico ha già avviato un’azione per vietare provvisoriamente agli indagati qualsiasi attività legata al calcio. Lavoreremo con forza al fine di estirpare qualsiasi cattiva condotta, per riconquistare la fiducia e garantire che il calcio in tutto il mondo sia esente da atti illeciti». Sembra di vederlo, mentre scrive nel suo ufficio: sveglia alle 7, poi giornali in cinque lingue e il caffè ristretto, un must sulla scrivania. Il lavoro è sempre stato tanto, l’autostima altrettanta. «Il calcio rifiuta di confrontarsi con la politica», disse appena eletto. In un anno mise in fila incontri con Arafat e Simon Peres, più recentemente ha visto anche il Papa. Non impressionatevi, non è detto che Sepp sia il meno potente dei quattro: ha una scuola elementare col suo nome e tende a controllare il mondo. Nel 1998 disse: «Uno Stato africano potrebbe organizzare i Mondiali nel 2006». Sbagliò di quattro anni, un po’ troppi per un cronometrista, ma la previsione era corretta.

«MI DIMETTO» Le sue frasi, questa e molte altre, hanno fatto discutere e litigare. I nemici gli hanno detto di tutto, il numero uno della federcalcio inglese lo ha messo nella stessa frase con don Vito Corleone ma Sepp è sempre stato coerente. Ha regolarmente fatto finta di non volersi ricandidare, poi ha sempre cambiato idea: rieletto tre volte e a breve dovrebbe arrivare il quinto mandato.Ecco, solo quella volta stupì il mondo, quando twittò un concetto che non gli è mai appartenuto: «A causa delle accuse di corruzione, il presidente si dimette». Era così strano che qualcuno controllò: gli avevano hackerato il profilo

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