La Gazzetta dello Sport – Ma dov’è finito il vero De Rossi? La Roma aspetta

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Nessuna sorpresa, che l’Italia sia spesso una Paese senza memoria è un dato di fatto che attraversa orizzontalmente ogni categoria. Da questo punto di vista, neppure il calcio è un’isola felice e così adesso ­ viaggiando sul web del tifo giallorosso ­ scopriamo che persino un totem come Daniele De Rossi è messo in discussione, basti pensare che, nel dopo Bayern, un twe­et velenoso ringhiava: «Costa come Yaya Touré e rende come Biondini». Obiettivo, quello che per una vita (calcistica) a Roma è stato ottimamente benedetto come Capitan Fu­turo. In questi giorni di (pic­cola) maretta al centrocampi­sta azzurro viene persino rimproverato il suo stipendio(6,5 milioni a stagione, premi compresi: il più alto della Se­rie A), come se si fosse autoas­segnato un ruolo da leader. Ovviamente non è andata così, ma il ricordo nello sport, a volte, è un bene volatile.

Due facce – Una cosa comunque è certa: se il gol è la vetrina del calcio, dall’estate 2012 De Rossi in giallorosso ci è an­dato assai meno che nel pas­sato. Il paradosso è che questo è avvenuto specularmente al fatto che invece, inNazionale, Daniele è divenuto un canno­niere di prima grandezza, Ve­diamo i numeri. Dal 2012, l’inizio dell’era Zeman con cui il feeling è stato assai mo­desto De Rossi nella Roma ha
segnato un gol in 71 partite ufficiali (il 25 agosto 2013: Li­vorno­Roma 0-­2), mentre nel­l’Italia ­ nel medesimo perio­do ­ ne ha realizzati ben 6 in 21 match. Questo gli ha con­sentito di arrivare a 16 marca­ture in azzurro, il che lo rende il più prolifico dei giocatori della rosa a disposizione di Antonio Conte, il 15° nella graduatoria assoluta della storia della Nazionale, ma il primo tra i centrocampisti az­zurri dell’era moderna.

Inserimenti – Una spiegazio­ne assoluta è difficile da tro­vare. Di certo nella Roma gio­ca in una posizione più «bas­sa» rispetto a quella che ha te­nuto nell’Italia dell’era Prandelli, quando il ruolo di centrale davanti alla retro­guardia è stato più spesso ri­coperto da Pirlo. La sua collo­cazione in campo, perciò, in giallorosso adesso lo porta ad avere un dinamismo minore e a cercare con meno frequenza gli inserimenti che lo portino a sfruttare il tiro o il colpo di testa, senza contare che an­che sugli angoli il gruppo gial­lorosso sta trovando assai po­co la via della rete. Insomma, l’impressione è che anche a Daniele questa sorta di asti­nenza pesi, se si pensa che ­fino al 2012 ­ il suo bottino nella Roma è stato di 47 reti complessive, col picco di 11 nella stagione 2005­2006. In­somma, De Rossi forse non ha bisogno assoluto di diventare cannoniere, ma se trovare la porta avversaria tornasse a es­sere nelle sue corde, non gli dispiacerebbe affatto. D’al­tronde, il gol è una droga che provoca assuefazione. E chi l’ha provata non vede l’ora di ricominciare

La Gazzetta dello Sport – M. Cecchini

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