A ‘fondo’ nel calciomercato – Il caso Iturbe

FBL-EUR-C1-AS ROMA-CSKA MOSKVA I fondi che investono nei diritti economici dei calciatori, ormai noti anche al grande pubblico come Third Party Ownership (Tpo), potrebbero avere i giorni contati. Il comitato esecutivo della Fifa, riunitosi venerdì 19 dicembre a Marrakech, in Marocco, ha stabilito infatti che questa tipologia di investimento, nata in Sud America e poi diffusasi in Europa, non sarà più consentita a partire dal 1 maggio 2015. “Gli accordi esistenti continueranno a essere in vigore fino alla loro scadenza contrattuale”, ha fatto sapere la federazione internazionale, mentre tutti i nuovi accordi firmati prima del 1 maggio saranno validi per un massimo di un anno. Questa decisione potrebbe comportare contraccolpi fortissimi non solo sui bilanci di quei club, come alcune società portoghesi o l’Atletico Madrid, che in questi anni hanno fatto ampio ricorso alle Tpo per poter ingaggiare giocatori senza appesantire eccessivamente i propri conti, ma anche sugli stessi fondi, che a questo punto, non potendo più operare, non avrebbero nemmeno più ragione di esistere.

Difficile dunque pensare che, in attesa che il divieto imposto dalla Fifa vada a regime, i club che hanno beneficiato delle Tpo così come gli stessi operatori, come il super-procuratore portoghese Jorge Mendes (recentemente premiato come miglior agente del 2014 ai Globe Soccer Awards di Dubai), restino a guardare. Le cifre in gioco, anche se solo stimate essendo pochissime le informazioni ufficiali su questo tipo di operazioni, sono infatti molto ingenti. Secondo la rilevazione effettuata dalla Kpmg per conto dell’European Club Association (Eca), a fine 2013 gli investitori terzi possedevano partecipazioni in ben 1.100 giocatori tesserati in campionati del Vecchio Continente, per un valore superiore a 1,1 miliardi di euro, pari al 5,7% del mercato dei trasferimenti europeo. Ma secondo gli addetti ai lavori il saldo potrebbe essere anche superiore, considerato che solo pochi club, soprattutto portoghesi (Porto, Sporting Lisbona, Benfica e Sporting Braga), indicano in bilancio l’esistenza di accordi con le Tpo.

Anche un club come l’Atletico Madrid, che proprio grazie al supporto di investitori terzi e in particolare dei veicoli di investimento legati a Mendes (come Doyen, il fondo con sede a Malta) è riuscito negli anni a tomare competitivo fino al punto di vincere la Liga e arrivare in finale di Champions League, pur ammettendo di fare affari coi fondi non fornisce nei propri bilanci le informazioni di dettaglio. E dunque solo grazie al lavoro di indagine di alcuni giornalisti se è stato possibile sapere che dei 38 milioni versati dal Chelsea all’Atletico per l’acquisto di Diego Costa solo 17 milioni (circa il 45%) sono finiti nelle casse del club madrileno. Gli altri 21 sarebbero infatti stati spartiti tra i precedenti club in cui è transitato l’attaccante brasiliano naturalizzato spagnolo (9,5 milioni, di cui 7,6 allo Sporting Braga), Mendes (circa 7,6 milioni) e il fondo basato a Jersey (ma che si finanzia in Irlanda attraverso l’emissione di asset backed securities) Quality Sports Investments (Qsi). Un fondo, quest’ultimo, in cui, come ha svelato una documentata inchiesta del quotidiano britannico Guardian, hanno interessi diretti la Creative Arts Agency (agenzia Usa specializzata nella gestione dei diritti di immagine di calciatori e club), Jorge Mendes (il superprocuratore di Cristiano Ronaldo e Jose Mourinho), ma pure il Chelsea di Roman Abramovic. Secondo quanto riportato nelle cronache del calciomercato della scorsa estate, Qsi sarebbe anche il fondo che ha affiancato finanziariamente l’Atletico Madrid nell’acquisto di Alessio Cerci dal Torino per 15 milioni. Si tratta di un dettaglio che non è mai stato confermato ma nemmeno smentito dai diretti interessati e che, se corrispondesse al vero, aiuterebbe a comprendere anche il ruolo avuto dal Chelsea nel favorire l’operazione con cui Milan e Atletico Madrid si sono scambiati in prestito Cerci e Fernando Torres. Quest’ultimo, arrivato in prestito gratuito a Milano lo scorso agosto, è stato infatti ceduto a zero e a titolo definitivo dal Chelsea ai rossoneri il 5 gennaio. Con questa operazione i Blues si sono fatti carico di una minusvalenza secca di 18,4 milioni di sterline (invece di spalmare il costo relativo all’ammortamento residuo del centravanti spagnolo su due esercizi), ma hanno creato le condizioni per far sì che Cerci, che a Madrid non era riuscito a trovare spazio, andasse in una nuova squadra in cui giocare stabilmente. Un modo per cercare di evitare una svalutazione, di certo non gradita al fondo che vi ha investito, del prezzo dell’ex giocatore granata.

Del resto non sarebbe la prima volta che un fondo d’investimento detiene parte dei diritti economici di un calciatore di Serie A. Il caso di Juan Iturbe, passato la scorsa estate dall’Hellas Verona alla Roma, è emblematico. Il giovane argentino arriva nella città scaligera in prestito dal Porto il 2 settembre 2013, ma il club lusitano non detiene il 100% del cartellino di Iturbe. Come emerge dai bilanci del Porto, al momento del prestito il dub lusitano detiene solo il 45% dei diritti economici, mentre il restante 55 è della società di diritto inglese Pencihill Limited, che fa capo al procuratore Gustavo Mascardi. Con i gialloblù di Andrea Mandorlini disputa una stagione brillante (33 presenze e 8 gol) e finisce nel mirino di Juventus e Roma. I bianconeri sembrano essere in vantaggio, ma alla fine temporeggiano e consentono al ds giallorosso Walter Sabatini di chiudere l’affare. Mascardi, che ha seguito la trattativa in prima persona, dà l’annuncio il 16 luglio: «E tutto fatto tra la Roma e Iturbe: 31 milioni cash, senza prestiti al Verona da parte dei giallorossi». Una cifra, quella indicata dall’agente, che non trova riscontri nei documenti ufficiali. Il comunicato della Roma, società quotata a Piazza Affari, parla di 22 milioni (più 2,5 milioni massimi di bonus in caso del raggiungimento di determinati obiettivi sportivi) pagati al Verona per «l’acquisizione a titolo definitivo dei diritti alle prestazioni sportive del calciatore». Nessuna conferma sul corrispettivo arriva dal bilancio al 30 giugno 2014 dell’Hellas, poiché l’operazione è stata conclusa nell’esercizio 2014-15. Nei conti dei gialloblù emerge solo che poco prima di cederlo alla Roma il Verona ha acquistato Iturbe dal Porto per 15 milioni. Tale cifra riportata anche nel bilancio della società lusitana, che però precisa: «Poiché è stato condiviso con altri enti (la Pencihill Limited di Mascardi, ndr), l’incasso ottenuti dal Porto è stato notevolmente ridotto». Grazie al 45% dei diritti economici del giocatore la societa portoghese incassa solo 6,75, che gli valgono comunque una plusvalenza di 4,73 milioni. E gli altri 8,25 milioni sborsati dal Verona? II bilancio del Porto non lo specifica ma è molto probabile che li abbia incassati la Pencihill di Mascardi che aveva il 55% dei diritti economici del calciatore argentino. All’appello mancano ancora 6,5 milioni, ovvero la differenza tra i 31 milioni indicati da Mascardi al momento dell’accordo e i 22 milioni più 2,5 di bonus indicati nel comunicato della Roma.

Milano Finanza – A. De Biase

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