Febbre da stadio

Corriere Della Sera (L.Valdiserri) – Improvvisamente, da un prato, si alza in volo un airone. Tutto intorno, degrado e ruderi. Sembra il simbolo di questa telenovela infinita e stucchevole che è diventato il progetto dello stadio di proprietà della Roma, a Tor di Valle. Un soffio di bellezza perso tra buche, rifiuti, carcasse di motorini, materassi, pezzi di sanitari. E le spettrali stalle che furono dei cavalli, con una copertura di amianto. E la tribuna per la quale il soprintendente alle Belle Arti, Margherita Eichberg, ha fatto partire l’iter per apporre un vincolo. Cade a pezzi, non si può prendere posto sotto gli 11 «ombrelli a forma di paraboloide iperbolico» che sono finiti sulle riviste di architettura. Lì, proprio lì, dovrebbe sorgere la curva Sud e anche questo è un simbolo. Qui hanno corso campioni come Varenne e ronzini come Soldatino di «Febbre da cavallo», ma nessun cavallo ci metterà più piede.

L’architetto Roberto Della Seta, ex presidente di Lega Ambiente e fondatore di Green Italia, ha una posizione controcorrente tra gli ambientalisti: «Il valore architettonico è nella sua funzione di ippodromo, ma questa struttura non tornerà mai ad ospitare gare di trotto. Si chiede di tutelare un rudere realizzato 57 anni fa. Non si tratta di archeologia». L’ingegner Remo Calzona istilla un altro pericolo: «Questa struttura è degli anni ‘50 e la legge della verifica sismica è successiva alla sua costruzione». L’area di Tor di Valle è privata, proprietà di Eurnova, cioè Luca Parnasi. I giornalisti sono potuti entrare perché la società che cura la comunicazione dei proponenti dello stadio ha organizzato un tour dell’impianto. Le immagini sono eloquenti e quelle all’esterno – in zona pubblica – sono ancora peggiori. Domanda: il progetto Parnasi/Pallotta sarà un ecomostro, come dicono gli ambientalisti, ma può peggiorare questa situazione? Il bostoniano è un business-man, non un benefattore, ma l’investimento privato ammonta a 1,6 miliardi di euro e, secondo i proponenti, il 26% riguarderà opere di utilità pubblica: nuovo ponte sul Tevere, riunificazione di via Ostiense e via del Mare, prolungamento della linea metro B, messa in sicurezza del fosso di Valeriano.

Certo, se il tour fosse stato guidato da Lega Ambiente ci avrebbero portato a vedere dove nidifica l’airone o, come ha scritto Valerio Piccioni sulla Gazzetta, facendo parlare un abitante del quartiere «dove ci sono ancora le volpi e l’istrice, più sotto le lepri». La Roma è la forza del nuovo che avanza, in un momento di spaventosa crisi per la città. Lo stadio sarebbero posti di lavoro. Per gli oppositori è un pretesto per costruire un quartiere in barba al piano regolatore. All’interno della Giunta, come dimostrato dalle dimissioni dell’assessore all’urbanistica Berdini, il caso è politico. La Conferenza dei servizi della Regione Lazio dovrebbe dare un responso il 3 marzo, ma nessuno ha certezze. I proponenti sono disponibili a restaurare la tribuna dell’architetto Lafuente e spostarla all’interno del progetto. Sembra l’ennesima apertura di un dialogo che, però, spesso è una comunicazione tra sordi. Tor di Valle, campo Testaccio, lo stadio Flaminio, il Velodromo, la cittadella dello sport a Tor Vergata. È la Spoon River dello sport capitolino. Mentre Milano sogna gli Internazionali di Tennis.

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