Dzeko Gol. Dopo 709 minuti ricomincia da Una

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Il Corriere dello Sport (R.Maida) – Una, hai visto papà? Una forse dormiva, perché intorno alle 22.30 le bambine che hanno dieci giorni di vita non devono stare sveglie, ma a casa Dzeko l’urlo liberatorio di mamma Amra si sarà sentito. Papà Edin ha dedicato proprio a te un momento che aspettava da tre mesi, per la precisione dall’infausta notte di Barcellona del 24 novembre. In campionato era fermo da 709 minuti, un tempo lungo e doloroso per ogni centravanti. Ma se parliamo di gol su azione, quello mancava addirittura dal 30 agosto quando sembrò spodestare la Juventus da ogni pretesa di scudetto. Sicuramente, piccola Una, tu sei stata il suo talismano. E il ciuccio in stile Totti con cui papà ti ha ringraziato è un inno alla felicità e all’ottimismo. Umanità di calcio, emozione d’amore.

CRESCITA – Spalletti l’aveva intuito in settimana, che il peggio era passato. O almeno aveva captato i segnali che lo facevano sperare. Dzeko aveva fulminato i portieri in allenamento, era indemoniato, si avvinghiava ai palloni come un serpente alle sue vittime. Nella partitella di mercoledì, si era segnalato per una doppietta e per tante altre cosine interessanti. Superati i guai fisici, e di conseguenza ogni tipo di ansia, si stava preparando ad azzerare anche l’astinenza. Per questo, concedendo un’eccezione ai segreti della strategia, il suo rilancio era stato ufficializzato già alla vigilia. L’allenatore era certo che fosse giusto stravolgere la Roma, rinunciando all’attacco leggero e alla difesa a tre, per un obiettivo superiore: recuperare il centravanti che in Serie A, praticamente, non si era mai visto.

PRESENZA – Il Carpi all’andata lo aveva azzoppato, beccandosi l’inconscia vendetta. Già prima di segnare, Dzeko era stato dentro la partita mettendosi a disposizione della squadra. Spizzate preziose, sponde azzeccate, un paio di assist. Non era stato molto pericoloso in prima persona ma rispetto ad altre volte ha sfruttato il momento buono, quando è capitato. L’unico pallone che non poteva sbagliare, offertogli da Salah, lo ha sbattuto in porta proprio davanti ai tifosi entusiasti sotto il diluvio.

SELFIE – Alcuni di loro sicuramente lo avevano fischiato due settimane fa all’Olimpico, quando era stato sostituito contro il Frosinone. Ieri invece lo hanno abbracciato virtualmente, in un incitamento incessante e spettacolare (a parte gli odiosi cori razzisti a Mbakogu). A Dzeko hanno dedicato un canto subito dopo il gol. E poi lo hanno aspettato in tanti all’uscita dagli spogliatoi, nel piazzale che conduce agli autobus. I più fortunati sono riusciti a intrufolarsi nell’area proibita ai comuni mortali per strappargli una foto ricordo. Tra questi anche Cristian Zaccardo, il campione del mondo del Carpi, che è stato suo compagno nel Wolfsburg: i due si sono abbracciati con calore dopo lo scherzoso selfie.

FELICE Sorrideva, Dzeko. Sorrideva senza riuscire a smettere. Perché i gol in campionato restano pochini, 4 in 21 partite. Ma è significativo che sia stato lui a firmare la rete che riporta la squadra in area Champions. Nel progressivo allontanamento dal vertice, le sue carenze avevano inciso molto. Questo è stato il suo modo di farsi perdonare. E adesso la strada può imboccare un piano inclinato che conduce in posti migliori. Non sarebbe neppure la prima volta per Dzeko, abituato a partire pianino con le nuove squadre (era successo anche con Wolfsburg e Manchester City). A volte davvero basta una notte, un episodio, per spazzare via i dubbi che divorano e abbrutiscono i giudizi. Se davvero si è sbloccato, si vedrà già mercoledì nel gala di Champions contro il Real Madrid. Ora che è tornato al centro della pista, di sicuro cercherà di non assentarsi più. Lo ha promesso a Una, la sua vita.

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