Il Romanista – Fuffo impedì un illecito e fu esonerato. Ago fu aggredito perché alter ego di Cordova

Quando nel 2008 sono volato a Liverpool per assistere al concerto di Paul McCartney ad Anfield Road, sono rimasto inorridito nel sentire i fischi di disapprovazione di un paio di ragazzi locali. Tra i biascichii impastati di birra, mi hanno spiegato che Paul e gli altri avevano la grande colpa di essersene andati dalla “hometown”. Un po’ come avercela con Leonardo per essersi spostato da Vinci… Non potevo capacitarmi, ma ho dovuto concludere che anche se Liverpool è sulle carte geografiche solamente per merito dei Beatles, c’è qualcuno che ha da ridire, a cui non sta bene. È per questo che non mi stupisco che a Roma qualcuno non apprezzi Totti, è fisiologico, ma dare peso a questa minoranza avrebbe lo stesso valore che concludere che a Liverpool (dove la casa natale di Paul è diventata un museo) non amino McCartney. C’è poi una questione che mi sta maggiormente a cuore e su cui spero Francesco Totti abbia modo di riflettere. Non c’è mai stata una bandiera della storia della Roma che non abbia dovuto in alcuni momenti della sua militanza giallorossa fare i conti con una scarsa riconoscenza da parte di una minoranza o di un singolo dirigente. Nessuno di loro, ha mai gettato la spugna.

Voglio cominciare da Fulvio Bernardini, l’unico che come “carisma” può reggere il paragone con Totti. È una storia che non ho mai raccontato, ma penso che sia venuto il momento. “Fuffo” non dovette registrare il malumore dei soliti “quattro avvelenati col mondo”, ma una vera e propria guerra interna. Nel luglio del 1949, la Roma aveva “pregatoBernardini di diventare il suo nuovo allenatore. Non aveva ancora il tesserino, eppure il Senatore Restagno, gli fece firmare un contratto triennale a 175 mila lire al mese (la stessa cifra che Fulvio Bernardini percepiva in qualità di giornalista professionista al Popolo di Roma e poi al Corriere dello Sport). La squadra zoppicava e nella partita contro il Venezia Bernardini si accorse che qualcosa non andava. Per farla breve, ad un certo punto fece sapere, a brutto muso, a chi di dovere (ripeto, non l’avevo mai scritto): “State attenti. Se fate qualcosa di illecito vi denuncio tutti. Loro e voi!”. La partita si svolse regolarmente, la Roma la perse e al ritorno nella capitale Bernardini venne esonerato, nonostante la squadra (in testa capitan Andreoli che per lui rischiò il posto) fosse tutta dalla sua parte. Fulvio venne privato della Roma, ma rimase “laRoma, impedendo al Club di macchiarsi di un illecito. È arcinota la vicenda di Giacomo Losi, a cui Herrera non concesse neanche una partita d’addio, meno nota la vicissitudine di Agostino Di Bartolomei.

Una vicenda quasi rimossa, di cui infatti non ho trovato traccia alcuna neanche nel bel videodocumentario “11 metri” di recente applaudito al Festival del Cinema di Roma. Appena affacciatosi in prima squadra Agostino ebbe dei gravi problemi con una frangia di pseudo tifosi. L’icona Agostino, la memoria più struggente e cara, l’uomo che negli ultimi venti anni ha rappresentato il nostro ideale punto d’incontro, a metà degli anni ’70 ha subito un’aggressione fisica e ripetute minacce da chi lo vedeva in contrapposizione con Ciccio Cordova. “Ago” accettò come un sollievo di essere spedito in prestito al Vicenza perché non ne poteva più. Ho trovato di una bellezza straordinaria (anche questo non l’ho mai scritto), venire a sapere che anni dopo, quando era ormai capitano della squadra, Di Bartolomei abbia insistito per accompagnare personalmente Cordova a Trigoria per gli allenamenti. Ciccio, momentaneamente senza squadra (si sarebbe accasato all’Avellino), aveva chiesto a Viola il permesso di allenarsi con i suoi ex compagni (e detto fra noi aveva in tasca una mezza promessa per qualcosa di più) e Di Bartolomei si sforzò in tutto e per tutto di farlo sentire a casa. Che poi anche la storia di Cordova andrebbe raccontata tutta.

Un bel giorno, Gaetano Anzalone, senza neanche informarlo della trattative lo cedette al Verona…. “Ciccio” dovette leggerlo sui giornali. Non è un caso unico (anche questo non l’ho mai scritto, ma a volte, come in questa occasione, mi viene voglia di vuotare il sacco), visto che la stessa esperienza venne vissuta da Sergio Santarini. Quando nel 1981 Sergio si accasò al Catanzaro si scrisse che aveva raggiunto quella decisione in pieno accordo con la Società. Non è proprio così… Santarini era stato ceduto con la modalità nel passato utilizzata per Cordova. Lo strappo venne riassorbito solo in un secondo momento. In ultima analisi, è Massimo Germani ad illuminarmi su un aspetto non secondario di questa grottesca vicenda. Francesco Totti dal momento del suo debutto in prima squadra ha calciato 88 rigori, sbagliandone 19 e mettendone nel sacco 69 che sono stati decisivi nell’economia del risultato finale e solo per quanto riguarda la serie A. Tra quelli sbagliati, sempre in serie A, 4 sono stati “decisivi in negativo”. In 18 anni di militanza giallorossa 4 errori sono troppi? Cos’è, un fumetto dell’orrore?

Il Romanista – Massimo Izzi

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