Delio Rossi e il crollo in Champions: “Il nostro calcio è troppo stressato”

Delio-Rossi

REPUBBLICA.IT (MATTEO PINCI) – Corrono tanto, corrono più di noi. Dal Mondiale dell’Italia alla Champions delle italiane, la sensazione è palese: le squadre straniere – non tutte ma molte – giocano a ritmi diversi dalle grandi di casa nostra. E non lo dice soltanto il martedì della Roma, corazzata insuperabile in Italia e in balia del Bayern in Europa. E nemmeno il doppio ko di misura della Juventus nelle trasferte contro Atletico Madrid e Olympiacos. L’impressione generalizzata è che si giochi a velocità diverse. Anche Delio Rossi, ex allenatore di Lazio e Palermo, dove ha conosciuto il centrocampista dell’Olympiacos che ha deciso la sfida di mercoledì sera ad Atene, non ha dubbi: “Dalla tv sembra evidente: le altre sono più brillanti delle nostre squadre. Ma visto che è universalmente riconosciuto come i migliori preparatori siano italiani, bisogna farsi delle domande”.

E lei se le è fatte?
“Beh, me le sono fatte mercoledì, davanti alla tv: c’erano anche giocatori che ho allenato io, e quasi non li riconoscevo. Prendete Kasami, che ha deciso la partita: l’ho allenato a Palermo, un buon giocatore ma non era certo un fenomeno. Invece l’ho visto andar via a gente come Vidal e Pogba…”.

Come si spiega questa differenza sul piano atletico?
“I protocolli di preparazione sono più o meno sempre gli stessi. Ma da noi ogni partita è un dramma, è tutto enfatizzato: se vinci sei il più forte, se perdi è una catastrofe. E questo stress mentale a lungo andare incide eccome sulle gambe. All’estero non è così forte il battage mediatico: il Liverpool andava benissimo la scorsa stagione, quest’anno va male ma nessuno pensa di cacciare l’allenatore”.

Ma davvero la pressione ambientale può incidere sull’intensità?

“Certo, è sempre la testa a muovere le gambe. Io parlo, mi informo: quello che mi hanno riferito tutti è che all’estero non ci si allena di più. Ci si allena meglio. Anche più liberi di testa. A volte sprechi tante energie solo per far fronte alle pressioni, qui ancora si parla di Juve-Roma. E questo stress mentale si riverbera sulle gambe, inevitabilmente”.

Solo colpa della pressione mediatica, allora?

“Non solo. Credo che tutto il nostro sistema vada rivisto. Mi risulta che all’estero se c’è da allenarsi ci si allena. Punto. Non esistono le giornate di scarico, si va sempre a quattrocento all’ora e nessuno si lamenta. Ma per poter aumentare i carichi di lavoro serve avere meno impegni. E’ tutto il sistema che va rivisto”.

Lei cosa propone?
“Una volta avevamo i giocatori più forti, ora soffriamo un gap economico che ci impedisce di comprare i migliori. E allora si deve compensare con la tenuta atletica. E per farlo bisogna giocare meno. Un campionato a 20 squadre o a 18 fa differenza. Intanto magari vedremmo qualche partita meno scontata, e poi consentirebbe di rifiatare in alcuni momenti. E ne beneficerebbe anche la Nazionale, Conte potrebbe avere la possibilità di lavorare sui famosi stage. Oggi gente come Pirlo, Vidal, che nelle soste viaggia con le nazionali e nel club non salta una partita, arriva spremuta. E poi, posso aggiungere una cosa?”.

Prego…

“Qui si parla tanto di preparazione, di fare i richiami fisici. Poi però a Natale si va in tournée a Dubai per soldi. Bisogna decidere quali sono le priorità”.

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