De Rossi. A Roma è speciale, in Nazionale di più

Corriere dello Sport (R.Maida) – C’è un De Rossi da Roma e uno da Nazionale. Il giocatore è lo stesso e fa comodo a entrambe, a prescindere da allenatori e ct, ma le versioni tecniche e tattiche sono differenti. E il ventesimo gol segnato in azzurro venerdì a Palermo ha riaperto uno spread curioso tra i numeri realizzativi: nel club della sua vita, De Rossi ha arricchito le sue 550 presenze con 55 reti, alla media di una esatta ogni 10. Servendo la patria invece è arrivato a 111 partite e addirittura 20 reti, cioè una ogni 5,55. In pratica De Rossi segna in Nazionale con il doppio della frequenza rispetto alla Roma.

MOTIVAZIONI – In passato ha provato anche a spiegare perché: un po’ la posizione in campo, che gli lascia più spazio per avanzare, un po’ la possibilità di calciare i rigori che nella Roma, a parte qualche eccezione importante (decisivo nella Supercoppa italiana contro l’Inter, sfortunato a Manchester in Champions), gli sono stati negati. Ma anche, e soprattutto, un differente stato mentale che lo accompagna dagli spogliatoi al campo. Con la maglia azzurra addosso, De Rossi sente meno la pressione e il peso della responsabilità. «Quando vengo in Nazionale sono considerato un giocatore importante, a Roma devo stare attento a tutto – disse quattro anni fa, durante la Confederations Cup in Brasile – alcune volte con la Nazionale sono il migliore in campo, anzi più che alcune volte. A Roma, invece, faccio una partita buona e una meno buona. Un fondo di verità deve esserci per forza. Eppure se giochi al Maracanà dovresti sentire la pressione mondiale. Invece a Roma c’è una pressione passionale che rischia di confondermi».

FUTURO – Non sembrano chiare, ancora, neppure le idee sul contratto, che scade tra soli tre mesi e non è stato ancora rinnovato. Parlando negli spogliatoi del Barbera, dopo aver agganciato un signore chiamato Paolo Rossi nella classifica dei marcatori azzurri all-time e aver sfiorato il quinto posto di Dino Zoff (è a -1) nelle presenze di tutti i tempi, De Rossi ha semplicemente detto che «la Roma è il bene primario » e che comunque finisca la sua carriera «io e Totti continueremo a tifare per la Roma». Non ha escluso di andare a giocare all’estero («Cina, Germania…» anche se la sua vera tentazione è americana) lasciando aperta ogni soluzione. A Trigoria però sono tranquilli: il procuratore, Sergio Berti, ha sempre assicurato ai dirigenti che la prima scelta di De Rossi rimane la Roma, anche sotto il profilo contrattuale. Baldissoni, da parte sua, ha definito De Rossi «un giocatore speciale, uno di famiglia » perciò è difficile immaginare una rottura. Se dovesse avvenire la clamorosa separazione, sarebbe vissuta amichevolmente da tutte e due le parti.

SOLDI –  Il nodo naturalmente non è soltanto economico. Alla base di un eventuale cambiamento conterebbe di più la curiosità del calciatore e dell’uomo di conoscere mondi diversi, meno stressanti rispetto al calcio italiano e più stimolanti per la vita privata. Poi però ci sono pure gli interessi pecuniari. De Rossi a giugno perderà i privilegi straordinari del contratto precedente, firmato nel 2012 a pochi mesi dalla scadenza, a 6,5 milioni netti a stagione, e non pretende di essere trattato alla stessa maniera. Ma legittimamente neppure accetta un rinnovo “simbolico”, sapendo che fuori dall’Italia (o anche in Serie A) troverebbe molte società disposte a offrirgli cifre gratificanti. Con la Roma si parla di un contratto biennale, che si esaurirebbe dunque in coincidenza con il compimento dei 36 anni, a circa 2,5 milioni netti a stagione. Resta da vedere se l’incontro, ideologico e commerciale, avverrà per tempo.

PER APPROFONDIRE LEGGI ANCHE

I più letti