Il Messaggero – Anime diverse, stesso percorso

«Io non ho mai avuto problemi con i miei allenatori e Luis Enrique è il migliore che ho incontrato». Daniele De Rossi, escluso a Bergamo dall’asturiano per essere arrivato in ritardo alla riunione tecnica pregara, sintetizza la sua carriera di calciatore, elogiando proprio l’ultimo arrivato, Lucho da Gijon. Sì, quello che lo ha punito domenica. Per un fatto che il giocatore definisce «niente di che». E che invece per l’hombre vertical è qualcosa di «molto grave». (…)

De Rossi, bisogna credergli, di sicuro non avrà mai litigato con i suoi allenatori. (…)  C’è chi gli ha fatto passare un brutto pomeriggio, cioè Luis Enrique a Bergamo, o chi è arrivato a chiudergli la porta della Nazionale), applicando il codice etico, cioè Cesare Prandelli che stasera lo porterà in panchina a Genova nell’amichevole gli Usa. «Non è un turno di riposo, voglio provare altri. Giocherà nella ripresa. Ha fatto bene a chiarire lunedì la sua situazione delicata. Con lucidità. Un messaggio importante per tutti. Mi ha chiesto: a che ora è l’appuntamento per i test…». Il cittì azzurro lo tenne fuori dal gruppo, l’anno scorso, per le gomitate in Champions a Srna e in campionato a Bentivoglio, due convocazioni e quattro partite saltate. Perse quattro gare pure al mondiale vinto in Germania: alzò il gomito su McBride nel secondo match del torneo, proprio contro la stessa nazionale che affronterà a Marassi, contro gli Usa (da lì vengono i nuovi proprietari giallorossi). Lippi si arrabbiò. Poteva cacciarlo dal ritiro di Duisburg. Ma scelse di non farlo tornare a casa. Daniele segnò uno dei rigori, nella finale contro la Francia, e alzò la coppa.

Nella notte di Berlino, il 9 luglio del 2006, De Rossi era in buona compagnia. Con lui, a festeggiare il quarto titolo della Nazionale, il suo amico e il suo capitano Francesco Totti. Uno che qualche problema in più con gli allenatori ce l’ha avuto. I due erano insieme, in panchina, anche il 18 aprile del 2010, nel secondo tempo del derby conquistato in rimonta dalla Roma di Ranieri. Il tecnico di San Saba, sull’1 a 0 per la Lazio, li tolse nell’intervallo. Sentivano troppo la gara perché romani: la sentenza dell’allenatore che ancora è santificato per quell’intuizione. Finì 2 a 1 per i giallorossi, doppietta di Vucinic e secondo derby dei quattro vinti da Ranieri. Le facce dei due, all’inizio della ripresa, sono ancora lì, a disposizione nell’archivio di Sky. In quel filmato la delusione di De Rossi, quasi infuriato nelle inquadrature in tribuna a Bergamo, e l’irritazione di Totti: diversi anche quando risultano travolti dall’insolito destino di essere messi da parte proprio davanti ai loro tifosi.

L’espressione di Francesco nel derby, con quel primo piano, ne ricorda un’altra, nel 2000 all’Arena di Amsterdam, semifinale dell’Europeo contro l’Olanda. Escluso dal mito settantenne Zoff che, oggi, lo ritiene il più bravo tra gli azzurri allenati. Lo sguardo è intenso, prima della sfida: buono, ma di chi non capisce perchè deve rimanere fuori. Gli occhi azzurri puntano il muro arancione. Sarà lui a saltarlo, ai rigori, con un gesto con cui si divertiva alla Playstation. Il famoso cucchiaio a van der Sar. In Nazionale cominciò male l’avventura di Totti con Lippi che una volta pretese la visita fiscale a Coverciano quando il capitano era rimasto a Trigoria per un guaio muscolare. L’ex cittì poi lo aspettò, prima del mondiale tedesco, nonostante a metà febbraio fosse finito con una caviglia spezzata in sala operatoria. Francesco ventenne ebbe frizioni con Carlos Bianchi: l’argentino diede l’okay per la cessione alla Sampdoria, ma Mazzone che convinse Francesco a restare. Non si prese subito con Capello e quest’anno con Luis Enrique non è stato subito amore a prima vista.
Il Messaggero – Ugo Trani

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