De Rossi l’equilibratore. Con lui la Roma ritrova verticalità e precisione

La Gazzetta dello Sport (A.Pugliese) – Fosse un giocatore che pensa solo a se stesso, potrebbe anche dire: «Io quei due derby di Coppa Italia non li ho neanche giocati». Già, perché nel primo era in panchina per il turnover, nel secondo a causa dei postumi della botta presa con la Nazionale in Olanda. Ma poi c’è tutto il resto. E cioè la squadra, il senso di appartenenza, l’identità e l’orgoglio di sentirsi capitano. A prescindere da tutto. Daniele De Rossi è un po’ tutto questo ed allora è anche normale che quei due derby lì se li senta lo stesso sulla pelle, esattamente come se fosse stato in campo. Ed è anche per questo che domani ci tiene a vincere. Perché vorrebbe dire andare a -6 dalla Juve e perché sotto la casacca c’è il cuore. E il suo, di cuore, sa che un altro passo falso sarebbe (sportivamente) drammatico.

L’EQUILIBRIO – De Rossi domani tornerà in cabina di regia, dopo aver ceduto per un turno (a Pescara) il timone del comando giallorosso a Leandro Paredes, il suo alter ego («Con Daniele posso migliorare molto e crescere», ha detto ieri il centrocampista argentino). E lo farà con la voglia di fare da ago della bilancia, di dare alla squadra quell’equilibrio che le è mancato proprio nei due derby di coppa (soprattutto nel primo). «Voglio chiudere la carriera con grandissima dignità. Dovessi rendermi conto di non tenere più il ritmo dei compagni, smetterei subito – ha detto pochi giorni fa a «Undici» – Ma oggi mi sento forte, mi sento ancora un calciatore vero». E lo è. E che calciatore. Per la Roma, fondamentale, in campo e fuori. In campo proprio per l’equilibrio che sa dare alla squadra, fuori per tutto quello che offre come uomo: personalità, carattere, assistenza e motivazione. «Io credo che si possa essere capitani anche senza fascia». Lui lo è sempre stato, con o senza.

I DATI – Domani Spalletti punterà su tutto quello che a Daniele riesce meglio. Equilibrio, appunto, è la parola chiave. Ma in quell’universo lì, proprio quello dell’equilibrio, ci sono tante cose che Daniele continua a far bene. Perché i suoi dati sono tutti molto buoni, se paragonati a quelli medi dei colleghi di ruolo. Tanto per capirsi, De Rossi verticalizza addirittura il doppio degli altri (20 volte a partita, contro 10,86) il che vuol dire che cerca sempre la profondità o anche quella che Spalletti chiama la «palla passante». Ma intercetta anche 2,04 palloni a gara (la media è 1,05), recupera esattamente le stesse palle dei pari ruolo) ma vince molti più contrasti (1,54 contro 1,16). E che poi sia fondamentale per gli equilibri della Roma lo dimostrano anche i dati della palla corta e della palla lunga: il regista giallorosso è preciso in generale nei passaggi (45,15 conclusi positivamente contro una media di 29,14), ma ne completa anche 5,38 lunghi a gara (contro 1,87 degli altri).

IL SEGNO – Insomma, la palla passa sempre da lui e non è un caso che i giocatori che gli consegnino di più il pallone in assoluto sono i due centrali difensivi: 138 volte Manolas, 133 Fazio. Come dire, il gioco lo costruisce lui, che è l’ombelico giallorosso. E pazienza se sulla carta quello di domani potrebbe anche essere il suo ultimo derby. Il rinnovo arriverà, perché alla fine così vuole lui e anche il club. «È una cosa che prima o poi dovrò affrontare con la società, ma ora non ci penso». Alla Lazio invece sì. Ci pensa eccome. E sul derby di domani vuole lasciare il segno.

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