De Rossi, il cuore oltre la firma

Il Messaggero (A.Angeloni) – Sì ok, il contratto. Almeno lui lo firmerà, perché le parti non hanno nulla in contrario, non ci sono grosse perplessità. Un accordo sicuramente al ribasso (non più i 6,5 milioni attuali, ma nemmeno due spicci: si va verso la classica via dimezzo, uno stipendio comunque top) e, se ci pensiamo bene, ci sia avvia verso una conclusione sorprendente: De Rossi resta giallorosso, altri due anni almeno. Poi si vedrà. Sorprendente perché fino a qualche tempo fa si ipotizzava (lui stesso ne aveva parlato) di una fuga oltre oceano, negli Stati Uniti, dove il calcio è una milionaria esperienza di vita e non il cumulo di pressioni & emozioni. Stanco delle pressioni, appunto, stanco di essere un peso «economico» per il club, stanco di sentirsi, spesso e volentieri, rinfacciare l’ingaggione che nel 2012 gli è stato concesso (senza minaccia) dalla Roma. I famosi tifosi commercialisti, per chi vuole ricordare. Stanco (fisicamente) pure perché di partite, Daniele, ne ha giocate tante con la maglia giallorossa in una carriera cominciata in prima squadra nel 2002 con Fabio Capello, mentre a Trigoria ancora prima, da quando è arrivato (grazie a Bruno Conti che lo ha prelevato dall’Ostiamare)nel settore giovanile, prima nei Giovanissimi di Orlando Sembroni quando aveva dodici anni, poi negli Allievi di Mauro Bencivenga e infine nella Primavera di Guido Ugolotti. Un lungo percorso, cominciato una ventina di anni fa, insomma: faceva l’attaccante, poi la mezz’ala, quindi il centrocampista-regista-difensore che notiamo e ammiriamo adesso, ovvero quello che ha deciso la partita contro la Fiorentina con due assist, con il 97% dei passaggi riusciti, con quattro occasioni create, sei palloni recuperati e tre tackles vincenti. Parliamo dello stesso che, quando segnò il suo primo gol in serie A, stupì tutti (o forse non proprio tutti), compreso il presidente Franco Sensi che, non ricordando come si chiamasse, si girò verso la moglie e urlò «ha segnato il ragazzino».

GESTI D’AMORE – L’unico vero neo di quest’anno – al netto di qualche partita giocate non benissimo – è l’espulsione contro il Porto, che gli è costata tre giornate di squalifica. Un gesto (non solo quello ovviamente) che ha compromesso la qualificazione alla fase a girone di Champions. Un momento di follia, che poi via via ha cancellato con le prestazioni e con i gesti romanisti. Sono tanti quelli tornati ad apprezzare la famosa vena che scappa dal corpo quando la Roma fa gol. Tanti (anche qui, non tutti) si sono esaltati anche quando ha dato dei «pezzi di m…» ai tifosi (della Tevere) dopo il gol di Dzeko all’Inter. Come a dire: non avevate capito niente di Edin, voi che lo insultavate. Daniele è così, a volte esagera, nel bene e nel male. Lo fa per amore, si dice. Il ragazzino oggi ha superato le 500 presenze con la maglia giallorossa. Straordinario anche il percorso in Nazionale, al di là del Mondiale vinto nel 2006: con 110 partite e 19 gol è il giocatore della Roma che conta più presenze e gol in azzurro.

AL CENTRO DEL FUTURODe Rossi è tornato centrale, in tutti i sensi, sia per come sta giocando sia per come continua a esprimere il suo romanismo. L’ultima occasione, quando ha chiesto urbi et orbi il rinnovo di Spalletti. Messaggio lanciato non tanto alla società quanto al tecnico, che in questa fase ha più di un dubbio. Gli stessi che ha avuto Daniele in un passato non troppo lontano (vedi estate 2013). E chi meglio di lui può convincere Lucio a restare? A Trigoria oggi filtra un po’ di pessimismo, anche se la partita con Spalletti non è chiusa. Ma al di là di questo, Daniele nella Roma del prossimo futuro ci sarà, ne è convinto e ha aperto timidamente il dialogo. «Voglio concentrarmi sull’attualità. Ho fatto così da inizio anno, ed è la migliore soluzione per restare attaccati a questa realtà. La cosa importante non è ancora l’anno prossimo. Adesso testa al Crotone. Per me è fondamentale stare in condizioni fisiche buone. La mia carriera è appagante, anche se non ricca di trofei. Il contratto non è un assillo, poi penso che la società mi chiamerà prima o poi. Vedremo quale sarà la loro idee e la mia testa al momento. Ma non ci penso in maniera ossessiva». Ciò che sarà sempre ossessivo per Daniele è il «rimpianto di poter donare alla Roma una sola carriera».

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